
STORIA
Il BandoneÏŒn vanta una storia più che centenaria ma, solo di recente, è giunto ad affermarsi nel panorama musicale “colto” fino ad elevarsi al rango dei nobili strumenti classici. La crescente presenza del bandoneÏŒn nei teatri, negli auditorium e nelle grandi sale da concerto ha contribuito - e contribuisce tutt’ora - ad ampliare l’interesse di organismi culturali e del pubblico verso questo particolare strumento musicale.
“Storicamente si sviluppa in Germania nella metà dell’800, grazie al lungimirante ideatore Heinrich Band e alla sua visione “sociale” della musica: appartenente ad una famiglia di tessitori di seta della città di Krefeld, violoncellista, proprietario di un negozio di strumenti musicali, insegnante di musica, aveva come obbiettivo di fondo quello di allargare la partecipazione alla vita musicale (e dunque culturale) della città di Krefeld a tutti gli strati della società.
​Dentro questo grande progetto sociale, il bandoneÏŒn fu dunque pensato e trattato come mezzo di emancipazione sociale: uno strumento accessibile economicamente; semplice da apprendere, grazie ad un metodo ideato dallo stesso Band e indirizzato agli appassionati che non sapevano leggere la musica; esteticamente pregevolissimo; praticamente quasi senza limiti d’estensione per le possibilità di suonare le musiche popolari e tutte quelle in voga all’epoca.
Il processo di perfezionamento dello strumento proseguì parallelamente alle richieste sempre più esigenti degli acquirenti facenti parte, in numero maggiore, della classe media, gruppo sociale sempre più in via di sviluppo. Band era attento e andava incontro a queste sempre più raffinate esigenze del pubblico rivolte alla tecnica e all’estetica.
Queste preziose informazioni le dobbiamo all’etnomusicologa Janine Krüger e al suo ricchissimo e importante saggio “Heinrich Band. BandoneÏŒn. Origines y viajes del instrumento emblematico del tango” Contemporanea. Tinta Roja Ediciones del Sur siglo XXI.
Le sue ricerche, inoltre, demoliscono definitivamente il falso mito che raccontava il bandoneÏŒn come uno strumento nato per sostituire l’organo nelle chiese dove quest’ultimo non era presente.” ¹
​
Sul finire del XIX secolo, in seguito alle ondate migratorie partite dall’Europa verso il Sud America, il bandoneÏŒn giunge in Argentina: non si hanno ancora informazioni dettagliate sul suo arrivo nei porti di Buenos Aires, l’argomento è ancora in fase di studio attraverso l’analisi di documenti ufficiali (accordi di vendita) e no (lettere private tra viaggiatori e migranti). Proprio grazie alle dimensioni ridotte e alla facilità di trasporto il bandoneÏŒn viene presto adottato nell’esecuzione della musica popolare locale. In breve tempo diventa lo strumento fondamentale delle orchestre di Tango argentine e ha inizio, così, il suo più grande sviluppo che, ancora oggi, lo lega fortemente alla tradizione argentina.
​
Le radici di questa diffusione sono da ricercare certamente in territorio francese. Fin dagli anni ’20 del ‘900, infatti, nella città di Parigi, definita la “Buenos Aires europea”, il tango aveva raggiunto una diffusione tale da divenire quasi più popolare che in Argentina. Proprio grazie al vento milonguero francese si rese necessario reperire un numero sempre maggiore di musicisti in grado di suonare le musiche che accompagnavano il ballo. Ciò da un lato ha dato impulso ai musicisti francesi affinché intraprendessero lo studio del bandoneÏŒn, sull’onda della moda che stava prendendo piede; dall’altro ha fatto sì che molti bandoneonisti argentini abbandonassero il Sud America alla volta di Parigi, la nuova terra promessa del tango.
​
La II Guerra Mondiale segna in modo determinante le sorti del bandoneÏŒn: le fabbriche, tutte ubicate nella Germania di Hitler, vengono duramente colpite dal conflitto, fino a giungere al graduale declino che conduce alla completa cessazione della produzione di massa dello strumento.
Nell’immediato dopoguerra, complici i mutati gusti musicali, orientati verso nuovi generi e verso la musica nordamericana, il Tango scompare e il bandoneÏŒn, cade, così, nell’oblio più profondo.
​
È grazie alla figura di Astor Piazzolla, il riformatore del Tango, che è stato possibile tracciare la cronologia di una rivoluzione che, tra gli anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso, ha preparato il terreno per la rinascita del Tango in europa, e le premesse per un nuovo apogeo. A Piazzolla si deve, infatti, il merito di aver conferito nuova dignità al tango, trasformandolo da semplice musica “da ballo” (era questa la visione che si aveva del tango nel continente europeo) a vera e propria musica “da concerto”.
​
​Il Tango Nuevo di Piazzolla rappresenta, infatti, la perfetta combinazione tra passato, presente e futuro. Se da un lato conserva la sua connaturata matrice popolare, in grado di rendere questo genere musicale accessibile al più vasto pubblico, sia colto che profano, dall’altro, si distacca dal tango tradizionale, fino ad incorporare elementi innovativi tipici del jazz e della musica d’avanguardia, tali da determinarne una “nobilitazione” complessiva del genere, introducendolo gradualmente al mondo della musica da camera.
​
Dalla sua rinascita, il bandoneÏŒn ha progressivamente attirato verso di sé l’attenzione di numerosi compositori contemporanei che hanno deciso di dedicare, e che dedicano tutt’ora, a questo strumento parte della loro attività compositiva. Tra i più importanti si citano: Martin Matalón, One Van de Gaal, Gustavo Beytelmann Per Arne Glorvigen, Marcelo Nisinman, Pedro Palacio, Claudio Constantini, Carlos RoqueAlsina, Fernando Fiszbein, Bernard Cavanna, Luis Bacalov, Tomàs Gubitsch, Daniel Binelli, Rodolfo Daluisio, René Marino Rivero, etc.
​
In questo solco si colloca anche il famoso bandoneonista contemporaneo, il M° Juan José Mosalini, che nel 1988 fonda il primo corso di bandoneon in Europa, al Conservatorio di Musica di Gennevilliers (Francia).
​
La riscoperta del bandoneÏŒn ha sancito la sua decisiva evoluzione, che ha portato all’esplorazione della vastissima gamma di possibilità espressive e sonore che questo strumento è in grado di offrire. Grazie ad un articolato percorso di sperimentazione, è ormai entrato a far parte degli organici più vari, affiancandosi ai generi musicali più diversi.
​
Oggi il genere tango rappresenta solo un background culturale di partenza sul quale si innestano i nuovi linguaggi d’avanguardia (e non) offerti dal vasto panorama musicale attuale.
Il bandoneÏŒn ha, perciò, tagliato definitivamente quel cordone ombelicale che lo ha tenuto per così tanto tempo legato unicamente alla tradizione argentina. Non più solo tango, dunque, ma anche musica classica, jazz e contemporanea.
Inoltre, gli stessi bandoneonisti, oggi si dedicano anche alla composizione di propri brani originali da eseguire con i propri ensembles, basati sulle forme compositive classiche, ma proiettati verso il futuro, grazie alla sperimentazione e grazie e all’elaborazione di idee musicali innovative.
È così che oggi questo strumento, versatile ed eclettico, è entrato a far parte, a pieno titolo, del mondo musicale contemporaneo, aprendo nuovi scenari sonori in cui del tango, a volte, resta soltanto il sapore.
Infine, il bandoneÏŒn, oggi rivalutato quale organo portatile, grazie alle sue inattese potenzialità polifoniche, viene impiegato anche nell’esecuzione della musica barocca e dei repertori più propriamente clavicembalistici che si prestano alla trasposizione sulle bottoniere dello strumento.
​
L’Italia vanta un cospicuo numero di musicisti, anche d’estrazione classica, che hanno intrapreso lo studio del bandoneÏŒn, e che oggi, si dedicano stabilmente all’attività concertistica, anche all’estero.
​
Dall’A.A. 2019/20, è stata istituita al Conservatorio di Musica di Cagliari “Giovanni Pierluigi da Palestrina”, la prima cattedra in Italia di Bandonéon – laurea di I e di II livello – il cui docente è Fabio Furia, bandoneonista di fama internazionale. All’interno dello stesso Istituto è nata, su progetto e direzione del docente di bandoneÏŒn, l’Orchestra Tipica di Tango del conservatorio.
